Questo progetto-libro, che nel titolo afferma tutto il suo processo creativo, prende spunto da una riflessione di Hugh Honour, che nel 1968 analizzando e ripercorrendo la strada dei grandi teorici Neo-classici, cita lo storico tedesco Johann Joachim Winckelmann (Stendal, 9 dicembre 1717 – Trieste, 8 giugno 1768), che sostenne un'arte basata sul senso dell’armonia, semplicità e bellezza.
L’unico modo per divenire grandi, scriveva Wincklemann, è di “imitare l’anitchità”. Con imitare lo storico non intendeva assolutamente copiare. L’imitazione infatti implica tutt’ora un rigoroso processo di estrazione, distillazione ed infine di riproposizione. Era per “ raggiungere la reale semplicità della natura” che Reynolds raccomandava lo studio dell’antichità. Su tutte queste teorie è basato questo progetto.
Tra il sottile territorio della copia e della citazione, si forma il lavoro; Una storia vera piena di bugie, parafrasando il sottotitolo dell’infelice opera di Enrico Palandri. In questo progetto si vuole indagare lo spazio dove le bugie spesso sono la falsa interpretazione che viene assorbita da parte dello spettatore, che non riesce a fare discernimento tra questi due importanti territori. La bugia come affermazione del falso, la copia come atto di appropriazione indebita, vengono spesso sovrapposti, alla faticosa operazione della citazione.