L’arte è uno strumento potente che permette di arrivare al cuore delle persone, di colpirne la sensibilità e l’immaginazione in modo diretto attraverso i simboli e le sensazioni visive.
Le opere di Fabrizio Cotognini ricombinano tracce e memorie, resti materiali e immateriali, geografie e territori, identità e nazionalità, storia e storia dell’arte più o meno recente colpendo direttamente il mio cuore.
L’8 dicembre del 1965 il Concilio Vaticano II ha lanciato a tutti gli artisti un messaggio: “La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione”. La contemplazione e l’ammirazione sono le uniche vie per comprendere la bellezza. La bellezza è inattesa, ti rende diverso, non tanto più bello e sorridente esteriormente, ma più bello dentro e quindi più buono. Ecco le opere di Fabrizio Cotognini educano il nostro occhio alla bellezza, perché come scriveva Dostoevskij nei Demoni: “L’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui”.
La materia visiva non è inerte: bisogna romperla, smontarla per farla rivivere, per renderla dialetticamente funzionante. Disseminazione e aggregazione, frammento e geometria, diventano, nelle opere di Cotognini, principi costruttivi, grazie al montaggio/smontaggio, dell’immagine e della sua visibilità; del suo stesso contenuto.
Le opere del “tatuatore”, perché Fabrizio è anche maestro nell'arte e nella tecnica del tatuaggio, hanno un’armonia in sé, che unisce le dimensioni diverse della realtà e non le scinde e le disperde.
Ma Fabrizio completa e ulteriormente modifica le sue opere mettendole “in dialogo” con la parola. La parola è rigore, regola, convenzione e nel momento in cui diventa “parola scritta”, raggiunge la sua massima astrazione in qualità di segno. Come magnificamente sintetizza Hans Belting, ne La vera immagine di Cristo del 2005 (Das echte Bild), «la scrittura ... si è schierata contro le immagini infrangendone il dominio. Il sistema alfabetico traduce in cifre il linguaggio così che noi possiamo leggerlo anziché ascoltarlo... trattiene la parola facendoci credere di poterla raffigurare».
Fabrizio è una persona davvero speciale e rara perché unisce nell’artista e nell’uomo molte qualità: genialità e umiltà, competenza e professionalità, ricerca costante e coerenza, sensibilità e visione, militanza vera e attenzione agli altri, arricchite di grande generosità. Egli è un uomo e artista semplice, mai arrogante, mai prevaricante, predisposto al dialogo e alla curiosità.
Le opere di Cotognini non vanno osservate con sguardo fugace, ma hanno bisogno di tempo a disposizione per essere meditate. Come diceva Paul Valery l’arte insegna a guardare e il grande pittore catalano Joan Mirò confessava che l’arte non ha il compito di descrivere il visibile, ma di cogliere nel visibile l’invisibile.
Le opere di Fabrizio educando l’occhio al bello ci fanno cogliere nel visibile l’invisibile.
Aldo Colella
Collezionista, presidente e fondatore di Visioni Future.