Fabrizio Cotognini Is a question of time
Testo: Lorenzo Benedetti

E’ difficile poter immaginare che ci sia un luogo più idoneo alle opere di Cotognini
come un museo di archeologia. Di certo voluto, nella giocosa e cerebrale relazione
che l’arte ha pur sempre con il tempo e con i suoi contesti presenti.
Strana, ma non per questo meno evidente similitudine che si sviluppa tra le opere
permanenti, esposte nella collezione museo e gli interventi aperti di Cotognini e che
assume interamente su di sè la questione del tutto irrisolta, ma creativamente efficace
della ricerca di una atemporalitˆ.
Nella sua meta l’artista costruisce proprie logiche storiche che si riappropriano di un
presente infinito, in un dialogo produttivo con reperti datati migliaia di anni che
mostrano ancora una perfetta ed intatta naturalezza.
Naturalmente se la narrazione ha come obiettivo lo sconfinamento interdisciplinare
tra oggetti e linguaggio, il tempo diventa, per Cotognini, il luogo in cui bisogna
immergersi, andare a sondare la profonditˆ quasi irricevibile dell’abgrund e
sperimentare inconscio e memoria che si fanno metafora d’arte, composizione,
arditezza speculativa.
Ed マ anche qui la bellezza della fragilitˆ, che diventa ritmo sempre piン costante nella
sua opera. Ritmo che duplica, sobbarca, moltiplica le tante temporalitˆ con cui
Cotognini cerca sempre di porsi in conciliata sintonia estetica.
Gli oggetti di Cotognini infatti sono presentati in vetrine, in teche di vetro non tanto
per proteggerne il valore ma per creare una distanza, dunque, voluta. E’ un modo
senz’altro diverso di osservare, di scrutare, di valutare tutti i tratti del disegno e della
sua custodia naturale. Quasi un’ermetica perfetta che si calza attorno alle opere in
mostra.
Le sue opere hanno contemporaneamente aspetti che rimandano alla fenomenologia
degli oggetti e a quella degli strumenti. Opere, perci˜ che sono da osservare ma
anche strumenti da guardare.
L’essere esposto マ una condizione basilare per le opere dell’artista marchigiano. In
questo senso gli elementi spesso presenti nella sua opera come l’iconografia o la
citazione sono degli elementi che servono a costruire un discorso della sua opera che
si basano sulle contraddizioni sulle incongruenze di una cultura che spesso si
dimentica del passato o ha un atteggiamento di inconsapevolezza della profonditˆ
culturale del tempo. Ed マ proprio attraverso l’analisi che l’artista esplora questa
profonditˆ immergendosi con una serie di tecniche e proposizioni che sconfinano
dall’arte per entrare nella scienza o nella storia. Alla ricerca di mappe borgesiane che
possono aprire nuovi orizzonti percettivi.
In questa mostra l’artista presenta opere appena realizzate con delle opere degli anni
passati cercando di mescolare una memoria personale a quella antica del museo.
Opere che sono dei reperti storici oppure naturali, ma nella loro condizione di reperti
devono essere all’interno della protezione della vetrina, di un luogo che assicura a
questi oggetti una distanza con il presente della mostra.
In questo dialogo continuo con il presente, base naturale di una esposizione, c’マ la
vocazione della ricerca di Cotognini che ordina, assembla, riorganizza oggetti che
hanno il loro filo comune in una dimensione tutta unica ed estetizzante che マ quella
del tempo e dello spazio della mostra.
In questo particolare ambito semantico, lo stesso casco palombaro serve all’artista
per rappresentare la metafora della profonditˆˆ della conoscenza e la sua inesauribile
volontˆ di scoprire nuove forme e cose, dallo strumento per l’anamorfosi che serve a
leggere le immagini deformate alla camera oscura che serve per cattura e tradurre le
immagini del presente.
Eppure non possiamo dire che Cotognini eviti tanto l’attualitˆ quanto il momento
storico. Piuttosto lo confronta con una dimensione piン ampia possibile, versato
plasticamente spesso in un coacervo complesso di elementi in cui l’artista trova la sua
precisa cifra stilistica che diventa essenziale per mettere in discussione la dittatura
mediatica delle nuove tecnologie, l’insopportabile superficialitˆ di una condizione
globalizzante o il diaframma del presente assottigliato dalla velocitˆ del nostro modo
di consumare il mondo.
L’anamorfosi マ un tema centrale in Cotognini, le sue mostre diventano in effetti degli
strumenti in cui i molti elementi presenti, deformati dal tempo o dalla loro naturale
differenza, riescono ad essere ricomposte e rilette in altro modo. In questo senso la
stessa mostra appare anche un formidabile e veritiero strumento di ermeneutica della
sua opera, suggestivamente simbolica e plus valente.
Sta anche qui l’epifania dello spirito critico dell’artista che ci aiuta a capire che la
realtˆ マ sempre all’interno di un’anamorfosi naturale e spetta a noi di coglierla e
trovare i mezzi e gli strumenti per poter tradurre e ricostruire un discorso che sia
anche un visibile parlare.
La differenza tra mitologia e realtˆ マ proprio questa deformazione e ricostruzione di
un immaginario collettivo azionato dall’anamorfosi. Generare mostri dalla realtˆ マ
innanzitutto un processo di deformazione del linguaggio visivo. E da qui che forme
ittiomorfe e fitomorfe cominciano a smembrare la loro riposante normalitˆ, a
divorare la loro naturalitˆ per entrare violentemente nel mondo del fantastico e delle
sue trame variegate e bizzarre.
Come per gli oggetti del quotidiano che il tempo rende pregiati, anche nelle opere di
Cotognini si sviluppa una preziositˆ creata dalla distanza. Una distanza che マ la
possibilitˆ di costruire nuovi scenari e visioni per un intreccio tra arcaico e attuale,
reale e mitologico, tra scientifico e patafisico.

Lorenzo Benedetti