Il progetto nasce, prima di ogni cosa, dalla necessità di Cotognini di allargare il perimetro di azione del proprio lavoro; questo al fine di assecondare la necessità, anzi l'obbligo, di espandere i confini fisici e spaziali all'interno dei quali sono pensati e poi collocati i suoi progetti.
Nella sua ricerca, scavando da anni attorno ai prodigi della luce, l’artista approda alle proiezioni e ai meccanismi dell'anamorfosi che vengono tuttora sperimentate. Il progetto va ben oltre la tradizionale concezione del disegno o dell'installazione: secondo Cotognini, sono fondamentali l'individuazione e l'analisi di un luogo, non per un ready made alla Duchamp -oggetti decontestualizzati, spazio artistico, provocazione-, ma vengono cercati luoghi per creare opere paradigmatiche che mettano alla luce le problematiche del nostro vivere attuale, opere legate allo statuto antico dell'Arte e dell'Artista.
Nel progetto si creano meccanismi per cui piccoli disegni possono occupare grandi spazi, paesaggi naturali, monumenti, persino piazze; mentre grandi visioni possono essere ridotte a particolari e racchiuse in piccoli macchinari magici.
Come nel linguaggio parlato, alcuni suoni articolati hanno ricevuto dall'arbitrio dell'uomo la capacità di significare anche cose universali, così questo è un progetto fatto di progetti, assemblaggio apparentemente casuale di luoghi, oggetti, immagini, vibrazioni di luce, che daranno vita a un discorso unitario. La preparazione di ogni singolo progetto, di ogni singolo sguardo, di ogni atto creativo richiede una forte componente di analisi archeologica e sociologica: il lavoro a volte si propone come un vero e proprio reperto di scavo riportato alla luce; gli strati sovrapposti di luoghi reali e immagini fantastiche lasciano intravvedere simboli, percepire movimenti, e ricostruire immagini e storie spesso dimenticate, talvolta non ancora accadute. Tutto nasce dalla luce, da qui il sottotitolo Le magie della luce preso in prestito dal frate parigino Jean-Francois Niceron dell'ordine dei Minimi che nei suoi trattati, fra i quali il Thaumaturgus Opticus del 1648, rivolgendosi a un pubblico di addetti e di appassionati d'arte, spiegò la doppia utilità, quella seria e quella futile, delle arti matematiche, la più importante delle quali è l'ottica. Con i suoi strumenti ottici egli superò la mimesi rinascimentale della natura materializzando un mondo di apparenze le cui leggi non sono però preda del caso, ma trovano la loro essenza proprio nell' 'esprit de géomètrie' cartesiano.
Con questo progetto, attualizzando le esperienze di Niceron si possono trasformare gli spazi, falsare la realtà, creare una moltitudine di effetti, generare una proliferazione di immagini che si scompongono e si ricompongono in una atmosfera onirica; varie le forme che il progetto potrà assumere: una proiezione monumentale o una lanterna magica, messa a punto per far sognare lo spettatore chiamato a diventare parte dell'opera e spazio egli stesso.
Utopie visive, arte come evocazione.
Thaumaturgus opticus. "Taumaturgo", parola di rara nobiltà. Tradizionalmente il potere taumaturgico è riservato ai santi o ai sovrani di stirpe divina, ma in questo progetto è riservata a chi sa osservare, insieme all’artista, il miracolo della luce e di ciò che c'è dentro.